“Ci sono stati non giorni, ma anni in cui le mie ore trascorrevano nell’attesa della notte. Non vedevo l’ora di chiudere i conti con la veglia, desideravo che il giorno terminasse per poter dormire e sognare. Perché, quando sognavo, vedevo. Vedevo bene…Ricordo l’incontro con Sylvester Stallone, le battute con Celentano, i palleggi con Baggio e Vialli, i viaggi in Usa e in Giappone perché mi volevano negli spot pubblicitari. Ho conosciuto Gregory Peck e Glenn Ford, ho lavorato con Ennio Morricone…”.
di Pino Nano


“La Gloria e la Prova”, sottotitolo “Il mio nuovo cinema Paradiso”, è il libro edito da Baldini+Castoldi, 150 pagine scritte con tanto cuore, piene di emozioni, un libro che commuove, che ti strappa l’anima, un pugno nello stomaco, un racconto carico di illusioni tradite dalla vita, di tramonti vissuti e di albe tragiche seguite ai tramonti, di improvvise visioni, di sogni continui, molti dei quali mai realizzati e scritto da un grande protagonista del cinema italiano.
Lui si chiama Totò Cascio, e in una intervista rilasciata poco tempo fa a Repubblica si raccontava in questo modo: “Ho avuto la fortuna di parlare con persone come Andrea Bocelli, Alex Zanardi, Bebe Vio, Annalisa Minetti. Mi hanno trasmesso la loro forza di volontà grandissima e le risorse per dare voce a tutto ciò che ho vissuto Voglio offrire uno sprone a chi vive prove particolarmente dure. Scrivo perché ora sono rinato. Ho superato quel che mi portavo dentro. Bisogna accettare i problemi, accettare la disabilità, che non è una condanna ma una condizione”.
Eccolo dunque Salvatore Cascio, in tutto il suo splendore, e in tutto il suo candore di uomo siciliano rimasto fedelissimamente legato alla sua terra di origine come pochi altri forse avrebbero saputo fare al suo posto.
Ve lo ricordate? Salvatore era il bambino protagonista del film “Nuovo Cinema Paradiso”, il grande capolavoro di Giuseppe Tornatore vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero quindici anni dopo l’ Amarcord di Federico Fellini.
Bene, oggi Totò Cascio racconta per la prima volta sè stesso, e lo fa senza rete, senza nessuna reticenza, senza perifrasi, senza mediazione, e lo fa in questo suo memoir in cui ricostruisce il grande segreto della sua vita, “il buio in sala”, perchè qualcosa ad un certo punto della sua carriera di grande successo lo ha costretto a dire addio al cinema.
Nella prefazione che fa al libro Giuseppe Tornatore confessa: “Sapevo già da molti anni che un’insidia lo stesse attendendo con risoluta pazienza, come un’imboscata che il destino gli aveva teso da sempre. Ricordo già sul set, una notte, alcune sue difficoltà a seguire con lo sguardo le mie indicazioni. Ma pensavo fosse solo stanco, dopo tutto era un bambino, naturale che le ore trascorse intorno e davanti alla macchina da presa lo affaticassero”.
Vi ricordo che dopo questo film – che oltre all’Oscar procurò a Totò Cascio anche il prestigioso Premio BAFTA nel ’91 – Totò ebbe la possibilità di andare avanti con la sua carriera e di lavorare anche ad altri film, sia con lo stesso Peppuccio Tornatore (partecipa, insieme a Mastroianni, a “Stanno tutti bene”) sia con altri registi come Pupi Avati e Duccio Tessari. Tutto questo fino al 1999, anno in cui firma il suo «ultimo film». Dopo di che, si può dire che Totò Cascio scompare per sempre da tutti i radar del mondo.

Ma cosa era successo realmente?
Ai giornalisti che in una prima fase di questa vicenda lo incalzavano giorno e notte, Totò Cascio non volle mai raccontare la verità, nascondendosi invece dietro una battuta quasi scontata, a cui in tanti hanno inizialmente creduto, secondo cui era stato “il cinema a essersi dimenticato di me”.
Niente di più falso. A bloccare il successo e la carriera di Totò Cascio è stata invece una grave malattia, la retinite pigmentosa con edema maculare, che nel tempo gli aveva procurato una perdita progressiva, irreversibile e quasi totale della vista , costringendolo a rinunciare a quella che sembrava una carriera promettente e radiosa.
Tormentato e commosso il ricordo di Giuseppe Tornatore, indimenticabile regista di “Nuovo Cinema Paradiso”.
“Il mio piccolo Totò, che era vissuto in una sala cinematografica e ne era stato stregato, scoprendone meraviglie e splendori, era finito dentro un cinematografo dallo schermo incerto e oscuro, luminoso solo di bagliori ineffabili e luci orfane di pellicola. Non era più Nuovo Cinema Paradiso.E Totò aveva smesso di essere bambino, era diventato drammaticamente uomo. Ma senza perdere la purezza e l’innocenza del suo modo di vedere le cose”.
Oggi, a 42 anni, Totò Cascio trova la forza e la voglia di raccontare questa sua esperienza durissima.
“Insieme a quel bimbo che nel 1988 debuttava nel cinema, sarei tentato di dire “per caso” (ma è appunto solo un modo di dire, perché lo so, il caso non esiste), ho percorso più di trent’anni, fino ad arrivare a questo foglio bianco che mi accingo a riempire”.
Bello, bellissimo, pieno di amore per la vita e per gli altri, il Totò Cascio che ritroviamo in questo libro è un uomo pieno di sentimenti, che piange e ride di se stesso, che accetta la malattia con rassegnazione, che grida alla vita la sua rabbia e la sua speranza, e che a tratti riesce a trasformare la sua tragedia personale in un romanzo corale, dove vita e morte sono le due facce della stessa medaglia.
“Primavera 1988, ho otto anni, frequento la terza elementare. La maestra s’accorge che, per leggere ciò che lei scrive sulla lavagna, devo alzarmi dal banco e avvicinarmi alla cattedra. Avverte i miei genitori e loro si attivano: mi fanno visitare da un oculista, a Palermo. Con un paio di occhiali, dalle lenti piuttosto spesse, tamponiamo il problema. Nel frattempo, sono già stato prescelto per Nuovo Cinema Paradiso, le cui riprese iniziano l’8 maggio. Riesco ancora a decifrare il copione, anche se accanto ho sempre mio padre, che mi aiuta a mandare le battute a memoria”.
Grazie infatti a un lungo lavoro di psicoterapia e di accettazione della disabilità, ora può finalmente tornare a vivere una vita degna di essere vissuta ed è questo il suo Nuovo Cinema Paradiso.
Oggi, finalmente rinato, Totò Cascio lancia un segnale a chi è nella sua condizione, e lo fa con una determinazione che lo rende ancora una volta protagonista di primissimo piano della società in cui si muove.
“Non nascondetevi, anzi imparate ad accettarvi; «senza accettarsi, ci si porta dentro l’avversario più feroce. Spesso è necessario toccare il fondo e fare esperienza del dolore, della disperazione, per ripartire. Accettarsi, dicevo; me lo disse anche Andrea Bocelli: “Totò, non è un disonore”. Sono state parole illuminanti”.
A tratti, straziante il racconto che Totò Cascio fa del suo incontro con Andrea Bocelli. Consapevole della gravita della sua malattia, Totò lo cerca, e alla fine riesce ad incontrarlo, ma qui è lo stesso Andrea Bocelli che nella nota conclusiva del libro ringrazia il bambino di “Cinema Paradiso”.
“Sono felice oggi di festeggiare idealmente, attraverso queste poche righe e insieme ai lettori, la bellezza e l’intensità di una storia che parla di rinascita e di presa di coscienza. La testimonianza autobiografica di Totò Cascio ribadisce un concetto a me caro: il paradiso è qui, ogni giorno e a ogni bivio al cui cospetto possiamo scegliere la via del bene. Il paradiso è la serenità conquistata, è la forza dell’amore, è la comprensione che dobbiamo accogliere con incondizionata gratitudine ciò che il buon Dio ha progettato per noi, cercando di far fiorire, quali che siano, gli strumenti meravigliosi che Egli ci dona”.
Dietro questa tragedia personale si muove la storia di un attore e di un artista che diventa un personaggio televisivo partecipando da bambino al Maurizio Costanzo Show. Recitare poi in “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore gli porta il successo internazionale e la conquista del BAFTA, il British Academy of Film and Television Arts, nella categoria attore non protagonista. Fu il più giovane di sempre a riceverlo. Nei primi anni Novanta Cascio partecipa ad alcuni film nel ruolo di coprotagonista, “Diceria dell’untore” di Beppe Cino nel 1990 e, nello stesso anno “C’era un castello con 40 cani” di Duccio Tessari e “Stanno tutti bene”, ancora di Tornatore, “Jackpot” di Mario Orfini nel 1992, “Festival” di Pupi Avati nel 1996. Incide un 45 giri con Fabrizio Frizzi dal titolo “L’orso” e nel 1999 riappare sugli schermi ne “Il morso del serpente” di Luigi Parisi. Poi, dopo un’assenza di 16 anni, nel 2014 è tra gli interpreti di “Protagonisti per sempre” di Mimmo Verdesca, film vincitore nel 2015 del Giffoni Film Festival come miglior documentario, in cui, per la prima volta, dopo anni di lontananza dalle scene, racconta le esperienze e le scelte che hanno caratterizzato la sua carriera e la sua vita di attore bambino tra i più popolari del mondo.
A volte la realtà supera la finzione. Così è stato per Totò Cascio.