Sette progetti di cortometraggio che saranno realizzati grazie ai materiali dell’Aamod e altri archivi. Storie di ieri e di oggi per rimettere in circolo la memoria attraverso il riutilizzo creativo del repertorio. La storia di una delle prime alpiniste italiane, in un mondo, quello della montagna, totalmente maschile (L’estate di Ninì, di Luca Palestini). L’esilio dei terremotati e quello dei migranti africani messi a confronto in un villaggio di casette di legno in Umbria (Come luce riflessa di Andrea Nevi). E ancora lo sfollamento dei sassi di Matera imposto per legge, quando erano ancora considerati vergogna nazionale e l’Unesco doveva ancora arrivare (Enzo, Rosina e la Bolex Paillard di Delio Colangelo). Sono soltanto alcune delle storie che vedremo grazie alla seconda edizione del Premio Zavattini, nato proprio per incentivare il riuso creativo del materiale d’archivio, per rimettere in circolo il repertorio, per far ripartire l’ingranaggio collettivo della memoria. Così come lo stesso Zavattini aveva inteso, fin dalla sua fondazione, il compito dell’Aamod, l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico che, infatti, promuove il Premio attraverso UnArchive, sostenuto dalla Società Italiana Autori ed Editori (Siae) e dalla Regione Lazio – Assessorato alla Cultura, con Cineteca Sarda, l’Archivio del Cinema del Reale, Istituto Luce tra i principali partner. Nell’uso del repertorio, racconta Costanza Quatriglio, qui in veste di presidente di giuria “ci si è finalmente affrancati sia dal suo utilizzo in puri termini illustratitivi che in quanto voce del potere. Io stessa ricordo che all’inizio avevo quasi timore di toccare il materiale d’archivio. Ci sono voluti molti anni, insomma, perché si arrivasse a un uso più libero e creativo del repertorio”. Lo testimoniano, infatti, gli stessi progetti finalisti di questa edizione 2017. Sette in totale, ossia uno in più del previsto, che la giuria ha selezionato tra i tanti, arrivati da tutta Italia. Oltre ai tre già presentati ecco gli altri quattro: Mirabilia urbis di Milo Adami, dedicato ad Antonio Cederna; 2000 di Gabriele Licchelli, Francesco Lo Russo, Andrea Settembrini; There and Now di Giulia Tata e Antonino Torrisi; In Her Shoes di Maria Iovine. Tutti e sette i progetti ora avranno accesso al workshop di sviluppo, utilizzando gratuitamente i materiali d’archivio, concessi con licenze Creative Commons. A lavoro ultimato la giuria sceglierà i tre vincitori a cui andranno la somma di 2000 euro ciascuno e i servizi di supporto per la realizzazione dei cortometraggi (in produzione e post-produzione). Che poi saranno presentati ai festival, spiega Antonio Medici direttore del premio, e successivamente messi a disposizione della rete. Perché la memoria è un ingranaggio collettivo. Ulteriori informazioni nel sito internet: www.premiozavattini.it