Il Mereghetti 2021: 7000mila pagine, 3 volumi,33 mila schede

3 volumi, 7000 pagine, 33mila schede: questi sono i numeri della monumentale edizione 2021 del classico Il Mereghetti – Dizionario dei film: edito da Baldini+Castoldi, già uscito in questi giorni. Pubblicato per la prima volta nel 1993 e conosciuto, fino al 2000, come Dizionario dei film, Il Mereghetti ha una cadenza biennale o triennale. Ogni scheda presenta titolo, provenienza, anno, durata, regia, interpreti, sinossi e analisi critica, accompagnati dal giudizio di valore, le ormai tradizionali “stellette”, da 1 a 4. La conclusione del secondo volume segnala i film, divisi per regista, che si sono guadagnati le 4 stelle. Per ogni nuovo aggiornamento, Mereghetti si avvale di un cospicuo numero di collaboratori: tra i primi, Goffredo Fofi, Gianni Amelio, Roberto Nepoti, Alberto Pezzotta. La copertina precedente era dedicata alla bellezza, con lo sguardo di Sophia Loren in primo piano: questa edizione chiama una della icone cinematografiche pop per eccellenza, il Darth Vader di Guerre Stellari.
Bianco & Nero: Cinema e Coronavirus

I cinema sono chiusi, le troupe sono al lavoro. Si stanno producendo molti film e nessuno sa, al momento, se e quando e dove li si potrà vedere. C’è grande confusione sotto il cielo, ma chissà se il momento è propizio? Cosa sta davvero succedendo al cinema ai tempi del Covid-19? Bianco e Nero, la rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia edita con Edizioni Sabinae, tenta di rispondere. Nel nuovo numero (il 598) in libreria dai primissimi giorni di dicembre, affronta un tema di grande attualità, come già fatto nel 2019 con uno storico numero doppio dedicato a Netflix e alle piattaforme digitali. Cinema e Covid è il titolo di un fascicolo che tratta l’aspetto produttivo, economico, distributivo, creativo. Intervengono grandi registi che nel corso del 2020 hanno, nonostante tutto, lavorato: creando storie legate all’emergenza sanitaria o portando a termine progetti già avviati: Elisa Fuksas, Silvia Napolitano, Costanza Quatriglio, Michele Alhaique, Pupi Avati, Marco Bellocchio, Francesco Bruni, Walter Fasano, Fabrizio Gifuni, Mario Martone, Gianfranco Rosi, Gabriele Salvatores, Andrea Segre, Sydney Sibilia, Enrico Vanzina, Carlo Verdone, Daniele Vicari. Vengono intervistati operatori del settore nei campi della produzione, della distribuzione, dell’esercizio. Si affronta il tema – sconosciuto ai più – della gestione e manutenzione delle sale durante la forzata chiusura. Si racconta cosa succede all’estero, dall’Europa alla Cina – l’unico paese dove il cinema è rifiorito… – agli Stati Uniti. Si analizzano alcuni casi esemplari: l’uscita di Tenet (che doveva salvare la stagione, e c’è riuscito solo in parte), la decisione della Disney di mandare Mulan direttamente in streaming, il successo “postumo” di un film – Contagion di Soderbergh – uscito nel 2011 ma rivelatosi incredibilmente profetico. E si racconta, anche, cosa è successo al Centro Sperimentale: la più importante scuola di cinema d’Italia, una delle più antiche e prestigiose del mondo, che ha dovuto rivedere i propri programmi didattici alla luce dei protocolli di sicurezza.
Audiovisivo e squilibri di genere

Maura Misiti (IRPPS-CNR) coordina il gruppo di ricerca DEA, la documentarista Giulia Amati ha condotto per DEA le interviste Gap&Ciak Conversation. Il progetto ha indagato gli squilibri di genere nell’industria italiana del cinema, del documentario e dell’animazione, con una particolare attenzione alle professionalità della regia e della sceneggiatura. Un tema affrontato sul numero di dicembre di 8 1/2 nella sezione Scanner a cura della DGCA- MiBACT. “Nel settore audiovisivo le disuguaglianze sono evidenti – spiega Maura Misiti – basta leggere attentamente i titoli di testa e di coda dei film. Negli ultimi anni questo problema è entrato con forza nel dibattito corrente, sull’onda all’attivismo delle donne sul tema delle molestie sul lavoro, ma anche a partire da un importante consolidamento della ricerca nelle accademie, nelle agenzie internazionali e in altri soggetti come EWA – European Women’s Audiovisual Network. DEA si inserisce pienamente nel trend, essendo nato nel 2015 da un’idea di un gruppo di professioniste del mondo dell’industria cinematografica, in particolare da Stefania Casini (vicepresidente Doc /it). Ha poi raccolto la collaborazione di attori importanti come il MiBACT, l’Università degli Studi di Roma Tre, la stessa Doc/it, l’agenzia pubblicitaria Cookies&Partners, e infine la SIAE, il cui finanziamento ci ha permesso di sviluppare il percorso di ricerca su un piano triennale”. Obiettivo primario era misurare le disuguaglianze. “Lavorando sugli archivi SIAE – prosegue Misiti – ma anche su quelli di alcune associazioni professionali e scuole di cinema, abbiamo cercato di misurare la minore partecipazione delle donne, soprattutto nei ruoli regia/sceneggiatura. Insieme, abbiamo analizzato quello che è stato fatto in altri paesi, europei e non, evidenziando delle ‘buone pratiche’ che sono state poi testate attraverso un focus group con alcuni stakeholders del settore (Italian Film Commission, Anica, Doc/it, 100autori, Dissenso Comune, WIFT&M Italia)”.
Esito di questo lavoro sono 11 Raccomandazioni, indirizzate ai policy makers, affinché vengano finalmente rimossi i fattori che ostacolano l’accesso e l’affermazione dei talenti femminili nell’audiovisivo. I due rapporti Gap&Ciak hanno rivelato una netta sotto rappresentazione delle autrici rispetto agli autori. Poche anche le donne in posizioni apicali dell’industria cinematografica (produttrici, membri delle commissioni di assegnazione dei finanziamenti, rappresentanza): la percentuale, come per registe e sceneggiatrici, resta attorno al 25-30%. “Accanto a questo approccio quantitativo – aggiunge Misiti – abbiamo indagato le criticità dei percorsi di formazione e lavoro raccogliendo circa 60 testimonianze, ora sul canale YouTube del progetto DEA”.
Tra le intervistate registe e sceneggiatrici (Valeria Golino, Cecilia Mangini, Costanza Quatriglio, Susanna Nicchiarelli, Anna Negri), ma anche produttrici, DOP, montatrici, scenografe, casting director, allieve del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Giulia Amati precisa: “La testimone più anziana è nata nel 1927, la più giovane nel 1992. Ci sembrava importante dare uno spazio alle esperienze. Di fatto abbiamo intervistato chiunque abbia risposto al nostro appello, diramato attraverso i partner della ricerca. Donne e uomini. E’ stato interessante notare il diverso atteggiamento delle generazioni, decisamente più conservatore da parte delle under 40. Molte donne ci hanno raccontato di aver incontrato veramente la discriminazione nel momento in cui sono diventate madri. Anche gli uomini intervistati hanno identificato la maternità come principale causa di dropout delle colleghe, essendo la figura della madre ancora considerata dalla nostra società come centrale nella distribuzione delle responsabilità genitoriali. Di fatto, le professioniste sono destinate ad allontanarsi dal mondo del lavoro per almeno tre anni. Spesso una donna con un figlio viene considerata una figura professionale meno dedita al lavoro, mentre un uomo con un figlio è considerato più affidabile, ‘un buon padre di famiglia’, appunto”. “Un tema su cui le prospettive delle varie generazioni combaciano – aggiunge Giulia Amati – è quello del potere. Per fare i film servono molti soldi, e dove i soldi sono importanti entra il ballo il potere. Le donne in una posizione di potere sono qualcosa di strano: una donna che urla è una isterica, un uomo che urla è uno che si sa far rispettare. Buona parte delle professioniste lavorano nel campo del documentario, infatti, che è un tipo di prodotto che può essere realizzato anche con budget limitati, a troupe ridotta, dove il metodo di lavoro è meno gerarchico e verticale”. “Anche se quasi tutti gli intervistati hanno espresso perplessità sulle quote rosa – precisa Misiti – c’è stato un consenso praticamente unanime sulla necessità di maggiori opportunità in termini di finanziamento che possano accompagnare le professioniste nel loro cammino di crescita, evidentemente pieno di ostacoli. Lo Stato deve lavorare anche per rimuovere questi ostacoli: differenze di salario, barriere all’accesso a posizioni dirigenziali, minore rappresentanza politica, squilibri nella ripartizione dei carichi familiari, sono tutti fenomeni osservabili a tutti i livelli della nostra società. Secondo il World Economic Forum, le donne non raggiungerebbero la parità economica con gli uomini prima di 214 anni. L’Italia, già abbastanza in basso nelle classifiche, continua ad indietreggiare e la pandemia ha peggiorato la situazione. La prima delle nostre raccomandazioni riguarda la necessità di un piano strategico d’azione quinquennale elaborato proprio della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per le Pari Opportunità), in collaborazione ovviamente con il Ministero competente”.
Dea è un progetto di ricerca realizzato da IRPPS – Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), sostenuto da Siae; il progetto si è avvalso della collaborazione di Doc/it Associazione Documentaristi Italiani, Università degli Studi di Roma Tre, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, cOOkies adv. Ha ricevuto inoltre il patrocinio di UNESCO – Roma città creativa per il Cinema. Tutti i materiali DEA sono liberamente consultabili sul sito dell’IRPPS e sul canale Youtube di Dea.