
“Dal libro al film” si dice – e così è – per Alessandro Rossetto che, dopo Piccola Patria (in Concorso nella sezione Orizzonti, 2013), innesca l’Effetto domino, un titolo che in Sconfini mette sullo schermo una località termale del nord est italiano (presentissimo nell’inflessione del parlato), un tempo operosa e radiosa, dove un impresario edile (Diego Ribon/Franco Rampazzo), la moglie e il loro geometra di fiducia, danno vita ad un progetto ambizioso: alberghi fastosi nel tempo che fu, ora “cadaveri all’asta”, da riabilitare come residenze di lusso per abbienti pensionati. “Ho molto apprezzato il romanzo perché una decina di anni fa ho assistito personalmente ad un ‘effetto domino’ che già avrei voluto raccontare in un documentario, e il sottotitolo di questo film per me è: ‘la morte ha le ore contate'”, spiega il regista. La vecchiaia come meritato paradiso in Terra, e non trascorsa nel furto economico di tristi cliniche geriatriche: un sogno quasi filantropico, ma in cui il business, impersonificato principalmente dal personaggio di Marco Paolini, non guarda in faccia al benessere, se non di chi ne ha da trarre profitto, all’inseguimento di un inquietante “elisir di lunga vita”, che però il denaro stesso spariglia, tramite la banca, rappresentata da Lucia Mascino, mettendo in atto un effetto domino appunto, che ribalta il piano. “Il mio personaggio è un tassello, appare in tre scene, con un arco facilissimo: carnefice, crisi, fine. Quindi anche da un punto di vista attoriale sai che devi seguire quel percorso: abbiamo scelto la linea più partecipativa e meno spietata”, racconta l’attrice, il cui ruolo nel romanzo è di un uomo. Figure femminili chiave, sono anche quelle delle figlie, in particolare la giovane interpretata da Maria Roveran, per cui: “Lavorare sull’aspetto della famiglia ha comportato un lavoro di squadra, per diversificare i personaggi. Il lavoro fatto è stato necessario per avere la massima spontaneità possibile sul set e per creare il conflitto finale di frammentazione famigliare. È stata anche un’occasione per consolidare il lavoro del gruppo collaudato già con Piccola Patria”. Ha precisato il regista che: “Per le figlie, le figure quasi non esistevano nel romanzo, nel film invece sono decisive, portano due linee drammaturgiche; per la sceneggiatura sono state difficili dal punto di vista della scrittura, da cesellare per avvicinarsi alla linea del romanzo, per molta parte seguita, cercando di mantenere un rapporto vivo. Nel film, un po’ differente dal libro anche la parabola di Rampazzo, perché Ribon l’ha portato a essere non definitivo: quindi il dramma del film è differente dallo scritto letterario”, considerando anche il personale approccio dell’attore al personaggio, come Diego Ribon stesso ha spiegato: “C’è la tragedia umana, c’è la disperazione, il tradimento di un’amicizia, sono temi universali. La psicologia mi interessa sempre meno e mi occupo del presente, mi piace pensare l’azione e non l’effetto, perché se non faccio qualcosa non posso rappresentare l’impalpabile: sono cose che non dovrebbe dire un attore, ma penso che il periodo della ‘psicologia bergmaniana’ sia superato, perché da interprete mi interessa ciò che è tragico, non drammatico, dà più essenza”. “Qui, ho collocato il racconto su un piano planetario: vicende locali e specifiche riverberano fino al lontano Oriente e l’importante operazione edilizia diventa il terreno di lotta inconsapevole dell’uomo contro l’uomo. Il film è frutto dell’effetto domino stesso, che traina e incatena tutto e tutti gli uni agli altri. Senza saperlo, i personaggi si addentano come cani ciechi, ognuno è sbranato mentre sta per sbranare; non può che sbranare, ma sarà sbranato a sua volta”, così Rossetto continua a commentare il suo racconto, organizzato in capitoli e narrato fuori campo dall’efficace voce di Paolo Pierobon, come quando cammina puntuale con il racconto dicendo che “è il denaro che fa incontrare la gente, la separa, o la lega per sempre”. Effetto domino – liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Romolo Bugaro (che dal 29 agosto è nuovamente disponibile in libreria) – esce in sala dal 3 settembre, prodotto da Jolefilm e Rai Cinema, realizzato con il sostegno della direzione generale Cinema e distribuito da Parthènos. Ulteriori info nel sito internet: www.parthenosdistribuzione.com. Il videopromozionale nel canale Cinemamibac su youtube
Senza rinnegare il suo stile. Anzi, mettendo al servizio di una narrazione poetica e onirica il linguaggio del documentario e con un uso raffinato di materiali d’archivio (e anche di frammenti del suo stesso cinema) in un montaggio esemplare di Aline Hervé e Fabrizio Federico. Coltivando l’aspirazione all’atemporalità della filosofia. Pietro Marcello in concorso a Venezia 76 con Martin Eden un film denso e stratificato – ricco di spunti anche politici – (auto)biografia della costruzione e decostruzione di un artista e letterato “di massa”, che viene dal popolo, aspira a diventare borghese, bordeggia e rinnega il socialismo, finisce demolito dal suo stesso progetto. Ispirato al celebre romanzo di Jack London (1908), che il regista lesse vent’anni fa su suggerimento dello sceneggiatore Maurizio Braucci, il testo viene trasferito dall’America degli albori del secolo scorso alla Napoli pre-bellica, una Napoli plebea e disperata, dove la povertà è endemica, “ma anche l’accoglienza e la tolleranza”. La povertà e l’ignoranza del contesto di partenza non impediranno all’autodidatta Martin, avventuriero e marinaio, lavoratore di un altoforno sfruttato come uno schiavo, di costruirsi una cultura letteraria e filosofica grazie ai libri pescati dai robivecchi, come pure una polverosa macchina da scrivere tra incontri salvifici e dannazioni. Herbert Spencer e Baudelaire, diventano i suoi numi tutelari per amore di Elena, bella figlia di borghesi che ha incontrato per aver salvato il fratello in una rissa: lei è appassionata di poesia e pronta ad innamorarsi di lui ma non disinteressata al punto da sposarlo. “Ispirandoci liberamente al romanzo di London – spiega Marcello, autore di Bella e perduta e La bocca del lupo – abbiamo letto Martin Eden come un affresco capace di anticipare le perversioni e i tormenti del Novecento e i suoi temi cruciali: il rapporto tra individuo e società, il ruolo della cultura di massa, la lotta di classe. Nel film la parabola dell’eroe negativo creato da London si apre con un filmato di repertorio dell’anarchico Errico Malatesta per poi trovare simmetrie nelle vite e nelle opere di alcuni scrittori dannati del XX secolo, da Majakovskij a Stig Dagerman a Nora May French”. E riflette sull’evoluzione del suo cinema. “Mi piacerebbe continuare a fare piccoli documentari. Qui ho provato a fare finzione attingendo a tutte le fonti, ma cercando di conservare l’imprevedibilità che mi è cara. Amo lavorare con gli archivi e devo ringraziare Alessia Petitto per i materiali straordinari che ha trovato. Il montaggio per me è il momento più adrenalinico, il repertorio è stato il contrappunto per raccontare la grande Storia”. E prosegue: “Nel documentario non c’è sceneggiatura, qui invece siamo partiti da 300 cartelle poi via via ridotte. Abbiamo cambiato ambienti e dialoghi”. Uno dei temi è il rapporto tra l’artista e l’industria culturale. “Martin – prosegue Pietro Marcello – sarà vittima del successo, nel momento in cui comincia a pubblicare, il suo veliero affonda. Questa è la storia di Jack London come di Michael Jackson o di Fassbinder. Degli artisti che perdono il rapporto con la vita quotidiana. Il tradimento della classe di appartenenza lo rende vittima di quel sistema”. E Braucci: “Nel Novecento si è pensato alla società ma non a come aiutare le persone a vivere meglio le loro vite, ci sono rischi insiti nell’individualismo che porta al liberismo sfrenato, come nel socialismo sfociato nello stalinismo. Protagonista carismatico è Luca Marinelli (Lo chiamavano Jeeg Robot, Non essere cattivo, Una questione privata), vincitore della Coppa Volpi a Venezia 76 che rivela: “Dopo aver visto Bella e perduta pregavo di essere chiamato da Pietro, per me il filo rosso che lega i miei film è l’essere sconvolto dalle emozioni, qui abbiamo provato a lungo per arrivare a un personaggio che si arrampica su una montagna per poi arrivare in cima e restare tragicamente deluso”. E in scena il giovane attore, tra i più richiesti della sua generazione, ritrova il maestro Carlo Cecchi, nel ruolo del mentore di Martin Eden, lo scrittore nichilista Russ Brissenden. “Il mio archetipo – rivela Cecchi – come attore di teatro è stato Amleto, Qui l’ho incontrato come in tutti i film più interessanti che ho fatto: Morte di un matematico napoletano di Martone, Miele di Valeria Golino e questo. Sono un intellettuale stravagante, anarchico ma non fino in fondo, attraversato da una negatività suicida. Insomma, a quanto pare, sono specializzato in drogati e ubriachi che alla fine si tolgono la vita”. E Marinelli aggiunge divertito: “Il mio archetipo, invece, è Indiana Jones”. Tocca invece a Maurizio Braucci suggerire una lettura attuale del testo: “Oggi i ricchi combattono i poveri, ma non viceversa, la lotta di classe è diventata unilaterale. Respingiamo i migranti che neppure si difendono. I poveri sono innamorati dello stile di vita dei ricchi”. Per Pietro Marcello: “In una società improntata all’edonismo e al narcisismo, il nostro obiettivo era essere diversi”. Mentre sulla sfida di trasporre un romanzo di mare, in un paese privo di questa tradizione, lo sceneggiatore chiosa: “Da noi, non so perché, non una tradizione paragonabile a quella anglosassone, da Melville a Conrad”. Martin Eden, prodotto da Avventurosa con IBC Movie e Rai Cinema (in coproduzione con i francesi di Shellac Sud e Match Factory) e realizzato con il contributo della direzione generale Cinema sarà in sala il 4 settembre con 01 Distribution nonché film di chiusura del Toronto Film Festival (Toronto 5 – 15 settembre): “Con le sfumature di Roberto Rossellini, Luchino Visconti e altri grandi maestri italiani, Martin Eden è un accattivante adattamento letterario che conferma Marcello come uno dei registi di maggior talento della sua generazione – afferma Andréa Picard co-curatore della sezione ‘Platform‘ – Girato in Super 16mm, lo splendore formale del film lo rende straordinario in un anno già stellare per il programma. Siamo lieti di chiudere la sezione con un film così emozionante, epico e straordinario”.
Nel cast anche Jessica Cressy, Marco Leonardi, Maurizio Donadoni, Chiara Francini. Ulteriori info nel sito internet: www.01distribution.it. Il video promozionale nel canale Cinemamibac su youtube
Il 22enne Giacomo Mazzariol, nel marzo 2015 carica su YouTube un corto, The Simple Interview, uno speciale colloquio di lavoro girato assieme al fratello minore Giovanni con la sindrome di Down, che ne è il protagonista. Il video ha un’eco imprevedibile: i principali quotidiani gli dedicano la prima pagina e viene commentato anche all’estero. Sull’onda della popolarità riscossa Giacomo pubblica nel 2016 il romanzo “Mio fratello rincorre i dinosauri” (Einaudi Stile Libero), oltre 300mila copie, un bestseller tradotto in oltre 10 lingue. Da questo libro autobiografico, che narra il rapporto non facile con la disabilità in famiglia da parte di un adolescente, è nata l’opera prima di Stefano Cipani Mio fratello rincorre i dinosauri con Alessandro Gassmann, Isabella Ragonese, e con la partecipazione di Rossy De Palma, volto almodovariano, dal 5 settembre in sala distribuito da Eagle Pictures. Jack (Francesco Gheghi) ha sempre desiderato un fratello maschio con cui giocare e quando nasce Giovanni, i suoi genitori gli raccontano che il fratello è un bambino “speciale” e così Gio diventa un supereroe, dotato di poteri incredibili. Crescendo Jack scopre che il fratellino ha la sindrome di Down e per lui adolescente diventa una vergogna, un segreto scomodo da non svelare a scuola, agli amici, alla ragazza Arianna (Arianna Becheroni), fino al punto di inventarsi la sua morte. Ma non si può pretendere di essere amati nascondendo una parte così importante di sé. La verità verrà presto a galla e alla fine Jack riuscirà a farsi travolgere dall’energia e dalla vitalità di Gio, che forse, un supereroe, lo è davvero. E in ogni caso è il suo migliore amico. Mio fratello rincorre i dinosauri, accolto da un’autentica ovazione per tutto il cast in sala, è una coproduzione italo-spagnola (Paco Cinematografica, Neo Art Producciones con Rai Cinema) realizzata con il sostegno della direzione generale Cinema, che narra il rapporto con la disabilità ricorrendo alla commedia leggera, ai confini con la favola. “Il mio film è un inno all’imperfezione, alla diversità, nell’epoca di Instagram in cui tutti vorrebbero essere perfetti”, dice il regista. Il romanzo di Giacomo Mazzariol ha avuto un forte impatto sulla sua immaginazione. “Quando ho conosciuto Jack e Gio e la loro famiglia mi sono reso conto di essere di fronte a qualcosa di davvero unico: la loro indole e il loro senso di risolutezza è un esempio di umanità. La trama del film ruota intorno a una bugia terribile, spaventosa ma spontanea. Ciò che mi premeva era portare sullo schermo le emozioni e lo stato d’animo di Jack, un 13enne irrisolto che si confronta con la disabilità del suo tanto desiderato fratellino”. Isabella Ragonese dice di essersi messa al servizio, senza pregiudizi. “Abbiamo conosciuto la famiglia vera e speriamo di averla restituita sullo schermo, ci hanno dato una grande lezione. La presenza poi sul set di Giacomo è stata fondamentale per la riuscita di questa avventura”. Alessandro Gassmann è convinto che il regista abbia utilizzato al meglio la commedia, il genere che più assomiglia alla vita. “In scena una famiglia che si ascolta, com’era anche nella realtà, e ce ne vorrebbero tante di famiglie come questa”. Per Rossy De Palma si tratta di un film che comunica amore, forse perché le opere prime hanno qualcosa di magico. E un ringraziamento del regista va ai bambini che hanno interpretano Gio: Lorenzo Sisto e Antonio Uras. “Loro sono il comune denominatore nella creazione delle scene e nell’evoluzione dei personaggi. Già in precedenza avevo affrontato la disabilità e ho quasi sempre lavorato con i bambini. Questo film è rivolto prima di tutto a loro nella speranza che imparino ad affrontare la paura, la vergogna e a vedere la disabilità con occhi nuovi”. Il film è stato tra gli Eventi Speciali delle Giornate degli Autori a Venezia 76 e ha vinto il Premio Sorriso diverso . Ulteriori informazioni nel sito internet: www.eaglepictures.com. Il video promozionale nel canale Cinemamibac su youtube