
Poco più di un anno fa l’Italia si preparava lentamente ad uscire dal lockdown con la speranza, vana, di lasciarsi alle spalle l’era del coronavirus. Un evento che non ha fermato la creatività del nostro cinema, che ha tratto spunti per raccontare quei momenti: uno di questi è il film collettivo di Gabriele Salvatores Fuori era primavera – Viaggio nell’Italia del lockdown prodotto da Indiana e Rai Cinema e tra i candidati ai Nastri d’Argento 2021 per la categoria “Cinema del reale”.
Nei giorni del lockdown attraverso i canali social e i tradizionali mezzi di comunicazione è stato lanciato un appello a chiunque volesse inviare materiali inediti – girati restando in casa – che raccontassero le azioni ed emozioni di quei giorni: come si trascorreva il tempo, cosa si vedeva dalle proprie finestre, quali paure, riflessioni e pensieri hanno accompagnato ognuno di noi. Gabriele Salvatores ha chiesto di prendere i telefonini e utilizzarli come se fossero i suoi occhi, per permettergli di viaggiare all’interno delle case, di mondi diversi, di storie, emozioni e immagini che si aprivano dinanzi alle finestre. Il documentario è stato interamente realizzato in smart working, dalla fase di lancio a quella di montaggio e finalizzazione. La redazione nei due mesi di lavoro ha ricevuto oltre 16mila contributi video. Il risultato è un racconto intimo degli italiani in lockdown, dalle meravigliose piazze italiane vuote, agli eroi in prima linea nelle corsie degli ospedali, ai balconi in festa, alle riprese domestiche.
Il film si apre su alcune riprese della natura incontaminata, per poi passare alle immagini di specie animali che si sovrappongono a quei riti collettivi di noi umani che apparivano come la normalità fin quando un pipistrello che vola in cielo segna il momento esatto del cambiamento. L’uomo riorganizza la propria vita dentro le mura domestiche come meglio può: smart working, didattica a distanza, cucina casalinga e tanta attesa. Le tv mostrano le immagini di chi, come un nuovo rito quotidiano, arriva puntuale a raccontarci le statistiche della pandemia o ne descrive le misure restrittive, o le immagini poco rassicuranti provenienti dai centri più colpiti, come il “fronte” di Bergamo, con la toccante fila di mezzi militari usati come carri funebri. Fuori dalle finestre, strade deserte e piazze vuote, campi sportivi in cui riecheggiano le urla di un tempo che appare lontano. Le immagini domestiche si contrappongono alle testimonianze di chi si è trovato, spesso impreparato, ad affrontare in prima linea un nemico sconosciuto tra le corsie degli ospedali. Poi c’è l’altro lato della medaglia, le gare di solidarietà scattate per chi, a causa della pandemia, ha perso il lavoro o si è ritrovato da solo; o la natura che si è riappropriata degli spazi lasciati liberi dall’uomo. Fino al “liberi tutti”, sempre con cautela, che ha reso inestimabile il valore di un abbraccio. (a cura di Monica Sardelli per Italy for movies)