Distribuito da Luce Cinecittà arriva in sala dal 30 maggio, con il patrocinio di Amnesty International, Selfie, film scritto e diretto da Agostino Ferrente. Si tratta di una produzione Arte France e Magneto in coproduzione con Casa delle Visioni e con Rai Cinema in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà.
Napoli, Rione Traiano. Nell’estate del 2014 un ragazzo di sedici anni, Davide, muore, colpito durante un inseguimento dal carabiniere che lo ha scambiato per un latitante. Davide non aveva mai avuto alcun problema con la giustizia. Come tanti adolescenti, cresciuti in quartieri difficili, aveva lasciato la scuola e sognava di diventare calciatore.
Anche Alessandro e Pietro hanno 16 anni e vivono nel Rione Traiano. Sono amici fraterni, diversissimi e complementari, abitano a pochi metri di distanza, uno di fronte all’altro, separati da Viale Traiano, dove fu ucciso Davide. Alessandro è cresciuto senza il padre, che dopo la separazione dalla madre si è trasferito lontano da Napoli. Ha lasciato la scuola dopo una lite con l’insegnante che “pretendeva” imparasse a memoria “L’infinito” di Leopardi. Ora fa il garzone in un bar: guadagna poco, non va in vacanza ma ha un lavoro onesto in un quartiere dove lo spaccio, per i giovani disoccupati, è un ammortizzatore sociale di facilissimo accesso.
Pietro ha frequentato una scuola per parrucchieri, ma al momento nessuno lo prende a lavorare con sé. Il padre, pizzaiolo, ha un lavoro stagionale fuori città e torna a casa una volta alla settimana, mentre la madre è andata in vacanza al mare con gli altri due figli. Lui, invece, ha deciso di passare l’estate al rione, per fare compagnia al suo migliore amico e iniziare una dieta che rinvia da troppo tempo.
Alessandro e Pietro accettano la proposta del regista di auto-riprendersi con il suo iPhone per raccontare in presa diretta il proprio quotidiano, l’amicizia che li lega, il quartiere che si svuota nel pieno dell’estate, la tragedia di Davide. Aiutati dalla guida costante del regista e del resto della troupe, oltre che fare da cameraman, i due interpretano se stessi, guardandosi sempre nel display del cellulare, come fosse uno specchio, in cui rivedere la propria vita.
Una disputa allontana i due amici: Alessandro preferirebbe venisse raccontato solo il loro rapporto e il resto delle cose belle del rione, ché di quelle brutte parla già quotidianamente la stampa. Pietro, al contrario, non vorrebbe tacere nulla, perché solo così lo spettatore potrà capire quanto è difficile per loro, in quel contesto, vivere una vita “normale”. Il racconto in “video-selfie” di Alessandro e Pietro e degli altri ragazzi che partecipano al casting del film viene alternato con le immagini gelide delle telecamere di sicurezza che sorvegliano come grandi fratelli indifferenti una realtà apparentemente immutabile, con i ragazzi in motorino che sembrano potenziali bersagli in un mondo dove la criminalità non sembra una scelta ma un destino che ti cade addosso appena nasci. Un film fatto interamente di sguardi dove il rione appare ai due ragazzi come una parafrasi dell’Infinito di Leopardi, che Alessandro prova finalmente a raccontarci: circondato da un muro che esclude la conoscenza di tutto ciò che sta al di là e che forse, si augura, un giorno, almeno i suoi figli potranno finalmente scoprire.
Una favola nera che parla di innocenza perduta, Fiore gemello di Laura Luchetti, presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival dove ha ricevuto la menzione speciale del Premio FIPRESCI, e in concorso ad Alice nella città, in sala dal 6 giugno con Fandango. Il film, che ha partecipato anche al BFI London Film Festival e al Busan International Film Festival, racconta la storia di una relazione impossibile tra due adolescenti provati dalla vita, un immigrato e la figlia di un trafficante di migranti, che diventa poi un rapporto indispensabile per riacquistare la possibilità di un futuro. Lui, Basim, è un clandestino che proviene dalla Costa d’Avorio, parla una lingua incomprensibile, con pochissime parole d’italiano. Ha sogni da adolescente, vorrebbe fare il calciatore o lavorare, ma si scontra con una società che non l’accoglie e lo avvicina al mondo della prostituzione. Lei, Anna, scappa da un episodio violento che l’ha traumatizzata e che le ha fatto perdere la voce, perseguitata e inseguita da Manfredi, il trafficante di migranti per cui suo padre lavorava, ossessionato dalla sua bellezza. L’uno corre verso il futuro, l’altra scappa dal suo passato. Un’amicizia disperata che diventa amore. Insieme trovano la forza per camminare avanti, senza più guardarsi alle spalle, riconquistando a caro prezzo parte dell’innocenza perduta.
“Mi sono ispirata alle tante storie lette di minorenni che arrivano nel nostro Paese e che poi scompaiono – racconta la regista – Sono tantissimi, e se ne sa davvero poco. Mi piaceva pensare a un incontro fatale tra due esseri che appartengono a un mondo violento. Un incontro impossibile, che diventa poi impossibile da rompere”. Una bellezza nascosta, che è anche quella raccontata dal titolo, il fiore gemello che nasce unito e che la protagonista vorrebbe dividere, ma di cui le viene insegnato rarità e bellezza. “È un fiore immaginario che vuole rappresentare che quello che sembra una deformità in natura può celare una bellezza. Non sempre le cose che non appaiono perfette a prima vista non sono poi meravigliose, come il rapporto tra i due ragazzi”.
Il film tocca anche il tema dell’immigrazione e il problema dei minori non accompagnati che giungono in Italia, una questione di grande attualità politica. “Come regista la mia opinione è una speranza, racconto di due anime simili che, se pur distanti, creano un sentimento speciale. Questo è ciò che mi auspico, che le differenze di lingua e di storie non abbiano più senso e che, nonostante le diversità, un rapporto sia possibile”.
Bravi i due giovani protagonisti, Anastasyia Bogach ma soprattutto Kallil Kone, che con il personaggio che interpreta condivide parte del percorso di vita e di orrori che possiamo solo immaginare: sceso da un barcone proveniente dalla Libia pochi mesi prima dell’inizio delle riprese, fuggito a piedi dalla Costa d’Avorio era arrivato fino alle coste del Mediterraneo, da dove si era imbarcato per l’Italia a bordo di un gommone. “È la mia storia – dice – la mia vita è così, mi è successo. Stare dentro questo personaggio mi ha dato molte emozioni e tanto amore. La scena più difficile? Quella in cui ero nella vasca da bagno nudo e dovevo guardare negli occhi Anna”.
Sullo sfondo del viaggio dei protagonisti i paesaggi ruvidi e ammalianti della Sardegna, luogo dell’anima rappresentativo di un sentimento universale. “La Sardegna ha un fascino duro – sottolinea la regista – è come una donna bellissima che non fa niente per farsi piacere, ma che va conquistata. Quando lo fai, ti accorgi che cela uno splendore smisurato. Giocare con questo paesaggio così forte ha dato al film quello spirito che non avrei potuto trovare in nessun altro posto. Poiché, poi, i ragazzi parlano poco, abbiamo fatto un lavoro certosino con i suoni di fondo che ho voluto diventassero la voce dell’isola”. Il film realizzato con il contributo della direzione generale Cinema opere seconde è nelle sale dal 6 giugno. (intervista a cura di Carmen Diotaiuti). Ulteriori info nel sito internet: www.fandango.it. Il video promozionale nel canale Cinemamibac su youtube
“Avere il pene significa essere incatenati ad un folle”. Lo diceva Sofocle, ed era più di 2500 anni fa. Aveva ragione allora e avrebbe ragione anche oggi, se si considera che Donald Trump ha vinto le elezioni nonostante il suo atteggiamento apertamente misogino e maschilista. Dopodiché, intellettuali, femministe, attivisti, sociologi e anche qualche repubblicano si sono chiesti: com’è stato possibile? Ebbene, se c’è un paese nel mondo che può avere la risposta a questo annoso interrogativo, questo è l’Italia. I due registi-protagonisti del film, Gustav Hofer e Luca Ragazzi (autori di documentari pluri-premiati in tutto il mondo come “Italy love it or leave it”) decidono di intraprendere un viaggio alla ricerca delle radici del maschilismo. Prodotto dalla Doclab di Marco Visalberghi e realizzato con il contributo della direzione generale Cinema il doc sarà nelle sale dal 10 giugno distribuito da Wanted Cinema. Il videopromozionale nel canale Cinemamibac su youtube